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Intervista con Serge Lutens, genio creativo e profumiere.

Quando si parla di profumi particolari, un nome balza subito alla mente: Serge Lutens. Questo genio creativo francese realizza dei capolavori profumati con in più una nota di poesia. Serge Lutens ha sempre seguito la sua strada, particolare e molto creativa. Prima di dedicarsi alla poesia delle fragranze, il maestro profumiere è stato hair and make up artist, fotografo, creative director, stilista di moda e regista. Nato a Lille nel 1942, Serge Lutens, che da molti anni ormai vive a Marrakesh in Marocco, nei primi anni 90 sviluppò da autodidatta i suoi primi profumi, e da allora viene celebrato come una delle avanguardie del settore. 

Qual è la storia dietro il profumo da lei creato l’anno scorso, «Fils de joie»?

«Fils de joie» fa rivivere i ricordi di un bambino che è stato plasmato dalla gioia umile, quasi disperata, delle donne con cui è cresciuto. Questa felicità la possiamo paragonare al gaudio provato del primo derviscio danzante in assoluto, che grazie al suo amore, quasi folle, per Dio, viene catturato in un vortice e dimentica tutto ciò che gli sta intorno, ad eccezione dei suoi ideali. 

Come si è svolto il processo creativo di «Fils de joie»?

In realtà non si tratta propriamente di una creazione che presuppone infatti un procedimento intenzionale. Il principio creativo stesso rimane in un certo senso passivo, ma nel contempo sprona l’artista, fa scattare in lui uno stimolo. Un artista che si fa guidare dalla propria volontà è condannato a fallire. 

Quali sono le componenti di un profumo di lusso?

Un profumo di lusso è basato prevalentemente su materie prime naturali. Siccome però ora l’IFRA (International Fragrance Association) impone in misura crescente di rinunciare a determinate sostanze, la formulazione di molti profumi deve essere cambiata. Ciò mi inquieta, poiché se questa tendenza è destinata a continuare, presto ci saranno solo profumi sintetici. La fragranza delle essenze naturali, dopo l’applicazione, subisce un processo naturale di evoluzione e metamorfosi. Con le essenze ricavate sinteticamente, o riprodotte a livello molecolare, questo gioco di trasformazione non avviene: hanno perso, per certi versi, la magia del profumo. 

Qual è il profumo della sua vita?

Non ho mai temuto di intraprendere nuovi percorsi olfattivi. Quando, nei primi anni 90, iniziai ad interessarmi ai profumi, il settore della profumeria era una sorta di vecchia fattucchiera che rimestava ingredienti a casaccio nel suo pentolone. Non si può dire se i profumi allora fossero buoni o meno, si trattava piuttosto di soddisfare dei cliché socioculturali: dalla fragranza per l’uomo sportivo all’essenza per la donna attiva. Non importa di che tipo sia un determinato profumo: è bene, però, che risvegli un ricordo. 

Il naso d’oro è un dono che ha dalla nascita?

Non credo alla storia del talento naturale. I sensi e gli aromi non vanno separati gli uni dagli altri. Solo chi è stato segnato dalla vita può acuire i propri sensi. 

Nella produzione dei suoi profumi, che ruolo ricopre la sostenibilità?

Le prospettive per il futuro, visto il rapido aumento della popolazione mondiale, sono sempre più angoscianti. E una società che aspira ad un ideale ugualitario rappresenta una minaccia al pianeta ed è da prendere sul serio. La plastica dovrebbe essere eliminata! Ma anche le enormi quantità di sabbia utilizzate per produrre i flaconi di vetro dei profumi dovrebbero spingerci a riflettere. Il concetto di «fairness» è equiparabile a quello di uguaglianza? 

Grazie di averci concesso questa intervista!

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