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Sovversivo, etico, ecologico, politico e ironico – così Philippe Starck interpreta il suo ruolo di designer e architetto. La sua visione? Migliorare la vita delle persone, un’idea alla volta, rendendola più bella e più degna di essere vissuta.

Philippe Starck ha firmato creazioni iconiche per brand come Kartell, Cassina e Driade. In un’intervista esclusiva con moments, il genio francese del design ci racconta la sua visione creativa e cosa rende unica la sua filosofia.

Philippe Starck, tiene un blocco da disegno accanto al letto per annotare le idee spontanee che le vengono durante la notte?

Sempre – ma non solo lì. Ovunque vada, porto con me un blocco da disegno, sempre dello stesso tipo, insieme alla mia matita preferita. Sono pieno di idee, ma purtroppo la mia memoria non è molto affidabile. Spesso capita che mi venga un’idea e che sparisca pochi minuti dopo. Probabilmente ho già perso molte buone intuizioni in questo modo. Inoltre, non possiedo né un computer né un cellulare.

E se deve fare una telefonata?

Non telefono mai. Se ne occupa la mia meravigliosa moglie.

Portraet Philippe Starck Cr JB Mondino
JB Mondino ©
Niente telefono, ma tanta creatività: l'architetto e designer Philippe Starck

Quanto sono importanti per lei le routine quotidiane per lavorare bene?

Per me i rituali sono vitali. Essendo neurodivergente, all’interno dello spettro autistico, io e le persone come me, hanno bisogno di routine ben definite. Anche il risveglio deve avvenire in un luogo pieno di luce – idealmente con una bella vista. Inizio la giornata lentamente: la mia routine mattutina dura un’ora e mezza e include, tra le altre cose, una doccia calda seguita da una fredda. Questo shock termico è indispensabile per attivare il mio cervello. La migliore circolazione sanguigna accelera i miei processi di pensiero e creatività. Nello studio do forma alle mie idee su carta, sempre da solo e con la stessa musica in sottofondo. Lavoro con altissima concentrazione: tre ore al mattino e altre tre nel pomeriggio. E ovviamente, un bicchiere di champagne alla fine della giornata fa parte integrante del mio rituale.

Come definirebbe i seguenti concetti in relazione a sé stesso: intuizione, pazienza e solitudine?

Per quanto riguarda l’intuizione e le visioni, le mie valutazioni si sono sempre rivelate corrette in oltre quarant’anni di carriera. La pazienza, invece, non è certo uno dei miei punti di forza. In generale sono impaziente, ma posso essere estremamente tenace e perseverante. Quando credo fermamente in qualcosa, non mollo finché non raggiungo l’obiettivo, anche se ci vogliono uno, dieci o quarant’anni. La solitudine, invece, è parte integrante della mia struttura interiore, quasi parte del mio DNA. Senza dubbio, questo non è sempre facile per mia moglie e le persone attorno a me. Sono un sognatore, e i sognatori sono spesso solitari. Mia moglie convive, in un certo senso, con un fantasma. Nonostante queste particolarità, sono una persona molto onesta, con una grande capacità di amare, un umanista e privo di qualsiasi avidità.

Che cosa intende per buon design e cattivo design? È davvero possibile definirli?

Per me, un cattivo design è quello che non apporta alcun valore reale, ma ha come unico scopo il profitto. È una forma di scambio disonesta: catturo l’attenzione delle persone, prendo i loro soldi e, in cambio, non restituisco nulla di concreto. Considero negativo anche il design narcisistico, quello creato per autocelebrarsi, per mettere in mostra una presunta genialità o superiorità. Questo tipo di approccio finisce per generare nelle persone un senso di inferiorità — un’idea che mi mette a disagio. Un altro problema è il «prodotto stupido»: un design nato esclusivamente perché qualcosa è di moda. Ad esempio, adottare colori di tendenza come il rosso, il blu o il verde senza interrogarsi se il prodotto abbia davvero senso dal punto di vista funzionale, se risponda a un’esigenza reale o se sia solo una reazione passeggera a un trend. Il buon design, al contrario, non segue le mode. È senza tempo e crea un valore autentico che dura nel tempo.

Il buon design, dunque, attraversa le generazioni?

Assolutamente sì. I prodotti di tendenza finiscono spesso nella spazzatura dopo poco tempo, con conseguenze disastrose per l’ambiente. Il buon design segue un’altra logica. Nasce da una certa ingenuità, sostenuta dalla visione di comprendere i bisogni reali della società e anticipare il futuro. Ciò significa creare prodotti che migliorino realmente la vita delle persone. Richiede massima cura nella produzione, uso parsimonioso di energia e materiali, impiego di materie prime sostenibili. E infine, questi prodotti devono poter essere realizzati a un prezzo accessibile. Solo così si può parlare di design onesto.

Philippe Starck x Cassina Somewhere El S
Cassina ©
Somewhere EL-S Pouf di Philippe Starck per Cassina

La sua gamma di progetti è paragonabile a un universo pieno di sorprese: oggetti per la casa, barche, orologi, musei, interior design e molto altro. Tutti caratterizzati da un certo minimalismo, con alcune forme ricorrenti, ma uno «stile Philippe Starck» in senso stretto non si trova. È una scelta consapevole per non limitare la sua creatività e mantenere la libertà di rompere le regole?

Ottima domanda, ma non parlerei di stile. Parlare di stile significa rinchiudersi in uno schema fisso – e uno stile è facile da copiare. Ciò che mi guida è la logica, una logica personale, legata probabilmente anche alla mia follia. Ne nascono oggetti originali che per me sono del tutto naturali, ma che agli altri possono sembrare strani. Il mio modo di pensare si basa su parametri fissi: assoluta libertà, incorruttibilità, una visione il più possibile ampia e una profonda umanità. Tutto questo è avvolto da umorismo e amore. Perché l’umorismo relativizza ogni cosa, dalle più gravi alle più leggere.

Driade x Philippe Starck NEOZ
Driade ©
NEOZ di Philippe Starck per Driade

Ci sono musicisti che riescono a comporre un successo in pochi minuti. Anche per lei accade che il processo creativo di un design avvenga in un lampo?

In effetti, circa il 90% delle mie idee prende forma in meno di due secondi. Non mi considero un artista, perciò attribuisco grande importanza al fatto di tradurre ogni intuizione in un disegno preciso — che si tratti di uno yacht, di una stazione spaziale, di uno spazzolino da denti o di una sedia. La fase di disegno richiede solitamente dai tre minuti fino a due ore e mezza, a seconda della complessità del progetto. Una volta completato il disegno, però, lascio andare l’idea: o perché finisco per dimenticarla, oppure perché inizio ad annoiarmi. E quando subentra la noia, tutto finisce.

Lei ha già collaborato diverse volte con Kartell. Come è nata la nuova collezione?

Lavoro con Kartell da oltre vent’anni, perché è l’unica azienda di design high-tech che utilizza materiali tecnologici e allo stesso tempo ecologici, rendendo possibili prodotti innovativi di altissima qualità a prezzi equi. Quando si pensa a una nuova collezione, ho completa libertà creativa, senza direttive né vincoli. Progetto ciò che ritengo giusto. Poi è Kartell a decidere cosa ne sarà. Finora, sono sempre riuscito a sorprenderli.

Nel frattempo, ha iniziato a lavorare anche con l’intelligenza artificiale. Com’è nato questo percorso?

La sedia A.I. di Kartell è stata una pietra miliare: il primo prodotto nato grazie all’intelligenza artificiale. E questo in un periodo in cui pochissimi sapevano davvero cosa fosse la IA. Circa dieci anni fa, andai in California per imparare a comunicare con un’IA. Quello che allora richiedeva due anni e mezzo, oggi avviene in frazioni di secondo. Una sedia creata in un istante. La sedia A.I. è il prototipo di una nuova generazione di prodotti. Una generazione che anticipa il futuro. Al contrario di me, l’IA dispone di un’intelligenza quasi infinita. Pensa in modo radicalmente diverso da noi: cerca automaticamente la massima riduzione di materiali ed energia e predilige soluzioni ecologiche.

Kartell x Philippe Starck AI Lite
Kartell ©
Nuove strade da percorrere: le sedie della serie AI Lite sono state realizzate con l'aiuto dell'intelligenza artificiale.

Se potesse trascorrere una serata con personalità che ammira, chi ci sceglierebbe dalla sua lista?

Una conversazione con Albert Einstein sarebbe affascinante. Altrettanto interessante sarebbe un confronto con Claudio Tolomeo, il grande matematico, astronomo e filosofo greco. E per una nota musicale ispiratrice, inviterei un compositore straordinario come Brian Eno.

Grazie di cuore per la conversazione.


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