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Con le sue bozze innovative Marco Brunori, Young Designer per Renault, sta rivoluzionando il settore automobilistico.

Lì dove Marco Brunori è nato e cresciuto possedere un’auto non era affatto necessario. I suoi ricordi di infanzia e giovinezza, infatti, sono tutti a contatto con la natura e per spostarsi bastava una bicicletta o, al massimo, i mezzi pubblici. Con i suoi centotrentamila abitanti, Berna, la meravigliosa capitale della Svizzera, si distingue dalle frenetiche città europee. Il suo centro storico medievale è considerato Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO e dalla torre campanaria della cattedrale Münster si gode di una splendida vista sul fiume Aar che abbraccia il cuore della cittadina. Tanta tranquillità, un ritmo di vita rilassato e ampi spazi per la propria creatività. Non stupisce quindi che il designer trentenne associ i viaggi in automobile perlopiù ai ricordi delle vacanze: «Una volta all’anno andavamo in Umbria, la regione d’origine di mio padre. L’esperienza del viaggio in sé, le gallerie, i caselli autostradali, le stazioni di sosta e i camion: ne ero affascinato», ci racconta.

Tutta questione di esercizio

Di certo le auto gli sono sempre piaciute, ma per un ragazzino non si tratta di una stravaganza. Piuttosto, ciò che differenziava Marco Brunori dai suoi coetanei era la sua passione per il disegno dei veicoli, anche se sui suoi album non ritraeva la pratica station wagon familiare, bensì modelli chic, bolidi velocissimi o le spigolose vetture americane degli anni 60. Sin da bambino frequenta fiere di settore, come il Salone di Ginevra, e raduni vintage da cui trae ispirazione: ben presto non è solo in grado di disegnare a memoria svariati modelli, ma, soprattutto, dedica a questa passione ogni minuto libero tanto che, appena dodicenne, sa già che da grande vorrà fare il designer. Il momento preciso dell’illuminazione arriva quando un giorno, sfogliando un manuale di automobili, capisce di poter trasformare il suo hobby in una professione: «Per la prima volta ho visto persone lavorare con modelli di plastilina (per la preparazione dei prototipi, n.d.r.) e fare schizzi con pennarelli, e mi si è come accesa una lampadina». Decide di studiare Transportation Design presso l’istituto superiore Hochschule Pforzheim in Germania e il suo talento si palesa immediatamente: nel 2010 si aggiudica un concorso di design di una rivista automobilistica presentando la bozza di una sua visione partendo dalla Peugeot RCZ. Per l’occasione giunge anche Gilles Vidal, capo designer di Peugeot e membro della giuria, che si congratula con il giovane per il suo talento così eccezionale da fruttargli un bel premio: un tirocinio presso l’ufficio di design di Peugeot a Parigi. Tutt’oggi Marco Brunori vive in questa città, ma ha cambiato azienda: ora lavora per Renault.

Facciamo un passo indietro: una volta conclusi gli studi in Germania torna in Svizzera al Designwerk a Winterthur. Assieme all’azienda Micro, che ha inventato il primo monopattino elettrico, disegna Microlino, un ibrido fra auto e moto ispirato ai motoscooter degli anni 50, primo fra tutti la leggendaria Isetta. L’obiettivo era creare un veicolo leggero a batteria che portasse vera sostenibilità nel mondo della mobilità automobilistica. Infatti, stando alle statistiche citate da Microlino, nonostante ogni auto sia occupata in media da 1,3 persone per percorrere circa trentacinque chilometri al giorno, si viaggia per lo più su enormi SUV con fino a cinque posti a sedere. Con l’obiettivo di ovviare a tale spreco di risorse e di uscire dai confini della nicchia ecologica puntando su un accattivante stile retrò, nel 2016 il giro di prova della sferetta smart nel centro storico di Zurigo riscuote non poco clamore. Per il progetto Microlino Marco Brunori ha ricevuto carta bianca per dare sfogo alla sua fantasia, l’opposto di quanto accade per i veicoli su larga scala, dove dimensioni esterne, interasse o posizione del parabrezza sono solitamente già prestabilite. Ad oggi la Microlino non ha ancora raggiunto la produzione in serie, ma stando alle dichiarazioni di Micro a partire dal 2020 sarà disponibile in una versione rielaborata.

Lavoro di squadra

Anche se da ragazzino trascorreva ore a progettare da solo, fare il designer è tutt’altro che un lavoro per solitari, ci racconta Brunori. Anzi, deve essere in contatto costante sia con la sua squadra che con i committenti; per riuscire a destreggiarsi nel quotidiano è necessario raggiungere un giusto equilibrio fra una certa dose di misantropia creativa e la capacità di lavorare in team accettando compromessi. Da Renault, per cui lavora dal 2015, ogni nuovo progetto di serie inizia solitamente con un concorso di bozze interno all’azienda; dopo aver selezionato le cinque idee migliori, le si realizzata in plastilina industriale e poi le si discute a più riprese finché non rimane un solo modello vincente che, a questo punto, contiene anche qualche elemento tratto dai suoi concorrenti appena sconfitti. Quale dipendente aziendale, il designer si deve muovere entro i limiti dello stile di casa cercando al contempo di farli evolvere. Brunori ci descrive questo tentativo di equilibrismo creativo così: «Mi sforzo di limitare le mie bozze a uno, due elementi pregnanti e chiaramente riconoscibili. Per me è importante creare coerenza fra la parte frontale, laterale e posteriore rielaborando al contempo dettagli raffinati e rintracciabili ad un’occhiata più attenta.»

Design su misura

Con design si intende la progettazione formale o funzionale di un oggetto che può essere, ad esempio, di stampo classico, pratico, raffinato, vistoso o persino post-moderno. Ciò che influenza maggiormente l’oggetto che andrà disegnato è la concezione stessa. Per l’automobile, nello specifico, il fattore movimento è cruciale anche quando di fatto è immobile, ci spiega Marco Brunori. «Un’auto ben disegnata deve saper comunicare anche da ferma, dato che si tratta di un oggetto mobile.» Nel design automobilistico molto ruota attorno alle proporzioni corrette che danno forma alle caratteristiche ricercate, come «elegante» oppure «grintosa», e che sono la risultante dell’interasse, del rapporto fra la dimensione degli pneumatici e l’altezza nel complesso, delle sporgenze anteriori o posteriori, della lunghezza del portabagagli o anche delle linee ascendenti o discendenti. Del resto un’auto si fa in parte portavoce del sistema di valori di chi la possiede: una vistosa dichiarazione di ricchezza, oppure un sobrio understatement che cela piccoli dettagli? La prima impressione deve convincere da subito, calzare a pennello: si dice che anche i famigerati primi secondi siano decisivi per stabilire se fra due persone scoccherà la scintilla della simpatia o meno. Nel caso dell’automobile è il suo design a fare da biglietto da visita.

A tutta elettricità

Dal punto di vista tecnico, contano anche i «valori interni»: la distribuzione di tutto lo spazio interno suddiviso fra passeggeri e pneumatici è importante tanto quanto l’aspetto esterno, sostiene Marco Brunori, che riassume con queste parole le sfide e la complessità del suo lavoro: «Le cose da far combaciare sono tante: innanzitutto i componenti tecnici, poi l’aerodinamica e le normative che prevedono una miriade di dettagli, come ad esempio l’angolazione del porta targa.»

Un mestiere, questo, che nel corso dei suoi quasi centocinquant’anni di storia si è chiaramente evoluto. Al momento a farla da padrone sono la questione della salvaguardia ambientale e la consapevolezza che le automobili tradizionali con il loro consumo energetico attuale non siano più a prova di futuro. Lo sviluppo delle alternative elettriche sta facendo passi da gigante e, a ruota, seguono i nuovi interrogativi quanto a design. I veicoli elettrici oggi in commercio sono appositamente progettati per non essere riconosciuti come tali, ci svela Marco Brunori. La clientela desidera, infatti, che almeno l’aspetto esterno dell’auto rimanga inalterato; tuttavia la presenza stessa delle batterie nel telaio la rende più alta e ciò va compensato con pneumatici più grandi. Anche il parabrezza slitta in avanti, visto che sotto al cofano non c’è più il motore.

Il design automobilistico viene per antonomasia associato ad un classico mestiere da uomini, ma le cose stanno fortunatamente cambiando, afferma con soddisfazione Marco Brunori. Infatti le donne si interessano sempre più di frequente all’estetica delle quattro ruote, anche se il tipico ideale maschile rimane quello predominante, ammette il creativo. «Le auto con una mimica animale e radiatori belli ingombranti sono amate oggi come ieri dai clienti di ambo i sessi, secondo la vecchia filosofia del <prestigio del sorpasso>». In realtà dagli inizi del nuovo millennio i modelli vintage dallo stile più docile stanno tornando di moda: piccoli e tondeggianti come la Microlino, disegnata dallo stesso Brunori qualche anno fa. Un breve excursus: dagli anni 30 alla fine degli anni 60 le auto erano per lo più caratterizzate da forme fluide e rotonde, come il Maggiolino di Volkswagen o l’Anatra di Citroёn. Poi i designer hanno iniziato ad attingere alle forme geometriche dell’architettura e i veicoli sono diventati più lineari, spigolosi e diretti. Una dei precursori di questo cambio di stile è stata la Fiat 130. Quindi negli anni 80 sono tornate di moda le forme più organiche, mentre la crisi petrolifera ha reso necessario ricorrere alle più vantaggiose carrozzerie aereodinamiche. Infine negli anni 90 è avvenuto il definitivo superamento della rigida suddivisione fra zona anteriore, laterale e posteriore e le forme hanno iniziato a fondersi. E oggi? «Dopo il cambio di millennio la ricerca è volta a enfatizzare il cosiddetto dramma nella lamiera tramite giochi contrastanti di luci e ombre ottenuti con rilievi o arrotondamenti», ci spiega Marco Brunori.

A prova di futuro

Per Renault ha recentemente disegnato un modello di spicco: la concept car «Morphoz». Un’auto elettrica slanciata che, a seconda delle necessità, si trasforma da mini a maxi allungandosi di cinque centimetri sul cofano, di venti sulle ruote anteriori e di quindici sul portabagagli. In città si guida come un versatile bolide dalle dimensioni ridotte, ma per le distanze più lunghe si può trasformare in una comoda e spaziosa auto da viaggio. Il sedile del passeggero si può girare all’indietro, così da creare una sorta di lounge nell’abitacolo. Purtroppo la pandemia del Coronavirus ha fatto slittare l’anteprima mondiale prevista per il Salone di Ginevra 2020. In realtà una produzione di serie di questa «auto estensibile» non è ancora in programma. Peccato, perché la Morphoz, al posto della vecchia station wagon, farebbe davvero al caso di Marco Brunori per tornare a far visita alla famiglia d’origine in Umbria. 

Dall’università alla concept car

Marco Brunori è nato a Berna nel 1990. Il suo talento da designer si fa subito palese: sin da giovane studente primeggia in svariati concorsi grazie alle sue bozze. Dopo la scuola frequenta l’università di Transportation Design a Pforzheim, in Germania. Il suo primo lavoro è presso il Designwerk a Winterthur, dove Brunori si fa notare, fra le altre cose, per il suo modello del bolide elettrico «Microlino»: un’automobile compatta e versatile come una piccola sfera, dal design retrò e che si può parcheggiare anche di traverso. Per la sua mini elettrica Brunori si è ispirato ai vecchi motoscooter. Oggi è Senior Exterior Designer per Renault a Parigi e, in questo ruolo, partecipa al rinnovamento di Renault Espace; recentemente per la stessa azienda ha disegnato anche la spettacolare concept car «Morphoz», un’auto in grado di crescere e rimpicciolirsi a seconda delle esigenze. Anche se non può svelarci a cosa stia lavorando al momento, Brunori pubblica sulla sua pagina web i disegni dei modelli già realizzati e di altri svariati progetti frutto della sua fantasia. 

marcobrunori​.com